Succede in quasi tutti i bar in cui c’è un servizio snack, cioè panini, toast eccetera. Si entra e si percepisce quasi subito, soprattutto se è l’ora a cavallo di pranzo, un odore di bruciaticcio, un po’ acre, di roba che è stata cotta, ma più che cotta, abbrustolita. Non è ancora stata inventata insomma, una piastra o un tostapane in grado di non emanare quel tipo di odore che molti definiscono poi molto più direttamente puzza. “Soccia che puzza”, si dice. E in quei casi bisognerebbe subito esaminare le condizioni della suddetta piastra o del suddetto tostapane. Trattasi di marchingegni di lega metallica e plastica che a volte sono lì dagli anni sessanta. Sicuramente, ogni tanto, nel tempo, hanno provato a pulirli. Invano. L’incrostazione rocciosa di mozzarelle colanti, di sottilette roventi, di prosciutii strinati, di salami sudati, di maionesi liquefatte, di fette di pane bruciato ha provocato nella parte bassa della piastra o del tostapane, negli anni, un fantasiosissimo “permafrost” di cibi mescolati dal tempo, un grumo di infiniti sapori e odori, una variegata e affascinante accozzaglia di fossili archeologici. I quali fossili, di antichissimo valore storico, vengono scaldati e fritti di nuovo per rinvigorire il loro humus e riportarli ad emanare quegli afrori magici che ci colgono quando entriamo nei bar. “Mi scalda un toast per favore?”, è una frase apparentemente semplice, ingenua, pura. Non pensa, chi la pronuncia, che il suo toast, candido e puro, verrà tra poco in contatto con un magma sconosciuto di colate laviche che resistono da anni a puliture di baristi impavidi e a sanificazioni di mogli di baristi, pratiche di pulizie da millenni. A volte, l’anziano che ne ha già viste di tutti i colori, si lascia andare a un commento quando butta l’occhio sulla piastra che scalderà il suo panino: “Soccia, cla piàstra lè…”. Ma poi si rassegna. Ecco perchè comunque si vedono spesso nei bar, verso l’ora di chiusura, baristi o addetti che, brandendo scalpelli degni delle cave di Carrara, raschiare vigorosamente e disperatamente le superfici delle piastre per arrivare allo strato originario di acciaio. Impresa impossibile. La piastra resterà comunque scura, torva, livida e ammantata di uno strato di grasso e di olio ormai inscalfibile da mano umana. Da non considerare, per pudore, il caso in cui il toast o il panino venga poi dimenticato dal barista in cottura, un tempo superiore al dovuto. Meglio di no. “Mi scusi…è un po’ bruciato”. “Ah no, si figuri…a me piace così”.
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